Dei pubblicitari hanno ideato la campagna pubblicitaria esposta a Napoli che ritrae un uomo in una immagine, e una donna in un’altra immagine, tenere in mano un panno per smacchiare le tracce di un presunto assassinio, invitando a usare il prodigioso prodotto che come è scritto sull’immagine “elimina tutte le tracce”.
Essenzialmente è stata fatta un tipo di accusa a questa pubbilicità.
Poiché in una delle immagini c’è una donna uccisa, istiga anche al femminicidio.
A dimostrare questa ipotesi è stato usato il fatto che la pubblicità è stata distribuita in una nazione in cui le donne uccise sono molte, e dunque essendoci una predisposizione all’uccisione di donne, la visione di tale pubblicità può stimolare quella predisposizione all’uccidere donne per il motivo che sono donne (femminicidio) presente in una parte degli individui maschi di quella nazione.
Inoltre, sono stati sollevati anche altri problemi morali per cui è stato detto che è “offensiva”, e “ritrae le donne come oggetti sessuali da usare, per poi disfarsene”, che è una “violenza simbolica” e una “mancanza di rispetto”.
Per impedire l’evento tragico ipotizzato, (il femminicidio, ma anche lo stupro) il sito “il corpo delle donne” ha invitato i suoi contatti a segnalare la pubblicità allo IAP (Istituto Autodisciplina Pubblicitaria), così come hanno fatto molte altre pagine web femministe. Su Change.org (un sito per diffondere petizioni) è stata fatta una petizione chiamata “Clendy: ritira la pubblicità ispirata al femminicidio“, poi se ne è parlato al telegiornale, l’assessore comunale Pina Tommasielli ha convocato la Elpis, società partecipata che raccoglie la pubblicità per il Comune di Napoli, mentre i partiti politici Pd e Sel hanno chiesto un intervento del Presidente della Camera, Laura Boldrini, e infine il Ministro per le pari opportunità, Elsa Fornero, ha provveduto a chiedere allo IAP il ritiro della pubblicità.
Così, la pubblicità è stata ritirata, e sono stati criticati e insultati sui social network il pubblicitario e l’azienda che lo ha pagato. Alcuni utenti hanno dichiarato di aver segnalato la pagina fan di Facebook spuntando la casella di motivazione: “i contenuti incitano all’odio e/o alla violenza”, è stato proposto di boicottare tutte le merci dell’azienda, e del pubblicitario sono stati criticati pubblicamente anche i lavori precedenti, con la conseguenza di poter perdere nuovi ingaggi. E infine, la Clendy ha sostenuto inutilmente costi come il pagamento dell’agenzia, del fotografo, dei modelli, del set, della stylist e della truccatrice, l’affitto degli spazi pubblicitari, la stampa dei manifesti, il costo degli attacchini per oscurare manifesto per manifesto. E soprattutto l’immagine dell’azienda e del prodotto.
Poiché una penalizzazione del genere, per poter essere legittima, deve essere verificata, è necessario analizzare la verità delle motivazioni che hanno prodotto le azioni elencate. E per verificare certi giudizi è necessario farlo in modo razionale, logico, approfondito e scientifico.
ANALISI DELLE IMMAGINI PUBBLICITARIE
Poiché un’immagine non è una storia, cioè un insieme di eventi temporali, ma un singolo frammento temporale, alla cui visione si può immaginare una storia precedente e successiva a quel frammento temporale, per comprendere quale fatto è rappresentato in una immagine è necessario ricostruire i fatti precedenti e immaginare quelli successivi allo stato delle cose visibili nell’immagine, e quindi ipotizzare in quale luogo si trovino i due, che relazione abbiano, e quale causa psicologica può aver prodotto le loro azioni visibili, ed è quindi necessario cercare negli elementi visibili delle immagini degli indizi.
Nell’immagine femminile l’uomo è vestito e a terra in una stanza e la donna è seduta su una sedia posta davanti al corpo dell’uomo. Il fatto che sia vestito fa dedurre che non c’è un messaggio esplicito che prima ci fosse stato un rapporto sessuale, anche se non è da escludere perché un uomo può avere un rapporto sessuale con una donna anche soltanto abbassando la zip e le mutande e tirando su la gonna di lei, ma è poco probabile.
In questo caso si può notare che c’è una pavimentazione elegante, delle lampade incastrate a muro che difficilmente si trovano nelle case, e una sedia trasparente particolare sulla quale poggia la donna, quindi potrebbe essere un ufficio, ipotesi confermata dal vestito fatto con tessuti eleganti sia della donna che dell’uomo che è vestito di nero al contrario dell’altro che ha la camicia bianca e i jeans, simbolicamente ritenuti più informali dei pantaloni neri di raso. Ci sono poche informazioni rispetto a quelle necessarie per fare collegamenti logici, quindi potrebbe averlo ucciso per qualsiasi motivo, ma dei motivi probabili sono il mobbing sul lavoro, senza escludere l’odio nei confronti del genere maschile.
Nell’immagine maschile, la donna è sul letto, sotto le coperte dalle quali escono le gambe nude ma non il sedere, quindi per quanto ne sa l’osservatore potrebbe trovarsi in mutande o essere nuda, e il ragazzo non ha ne scarpe né calzini, e la camicia che indossa è sbottonata e acciaffata, come se si fosse rivestito da poco. Rimanda quindi con sicurezza ad un rapporto sessuale. Invece, ci sono più possibilità interpretative sul tipo di relazione tra i due: forse sono una coppia, oppure è un incontro di sesso occasionale. Nel caso siano una coppia il motivo della morte non è comprensibile. L’ipotesi che lui sia stato lasciato da lei e abbia reagito con l’assassinio è improbabile poiché lei non avrebbe fatto sesso con lui dichiarandogli di lasciarlo. Quindi, rimane lo stupro come giustificazione del luogo e del modo in cui si trova la donna. Nel caso fosse un incontro di sesso occasionale, lui si sta rivestendo per andarsene, e dovrebbe eliminare ogni traccia di liquidi maschili o femminili, o make up di lei, per non far sapere alla sua fidanzata di averla tradita. L’ipotesi del sesso occasionale però è contrastata dall’ombra sulla parete in cui sembra in modo confuso che il ragazzo stia impugnando un coltello, e quindi la paraola “tracce” nello slogan “cancella tutte le tracce” collegata a questo elemento assume il significato di indizi che possono portare a identificare il colpevole di un assassinio, e quindi “le tracce” sarebbero fatte di sangue. L’ombra non corrisponde al ragazzo, quindi o è un’ombra di una persona nascosta o è un simbolo applicato all’immagine appositamente per descrivere come interpretare l’immagine.
Per comprendere se queste accuse corrispondono alla realtà è necessario fare delle verifiche:
1. Vedere una rappresentazione di un omicidio provoca lo stimolo a uccidere o influenza il pubblico sul tema dell’omicidio.
2. L’immagine rappresenta un femminicidio ( è necessario comprendere se nelle immagini delle pubblicità ci sono indizi secondo cui la donna rappresentata sia stata uccisa in quanto appartenente al genere femminile).
3. Se il numero di donne uccise nella nazione in cui è presente la pubblicità di una donna morta è alto, la pubblicità non deve essere esposta.
1. ISTIGAZIONE ALL’OMICIDIO O ALL’INDULGENZA SULL’OMICIDIO
Per quanto riguarda l’omicidio i pubblicitari giustificano la scelta dicendo che non c’è sangue sui cartelloni, che quindi il messaggio è ‘dolce’ e che per di più hanno anche pensato la versione, nella quale chi pulisce le presunte tracce è una donna, e per terra c’è un uomo, e che quindi non è femminicidio. Ma Stefano Antonelli, ideatore della campagna pubblicitaria, si difende: “Non mi spiego tanto clamore. Nè capisco perchè ci si accusa di spingere al femminicidio, visto che che abbiamo peparato anche la versione in cui è l’uomo a essere disteso. Una pubblicità vive anche di allusioni e di ironie”.” se quella del maschio deve stare, allora è giusto che stia anche quella della femmina.
Le campagne pubblicitarie, per far parlare i prodotti che reclamizzano usano tutto ciò che può essere usato indipendentemente da quanto il popolo giudichi giusto tale uso. Ad esempio, temi drammatici come i disturbi alimentari, la violenza della polizia, lo stupro, o l’assassinio. Poiché le singole persone possono errare involontariamente, o compiere del male volontariamente è necessario che qualcuno esterno alle agenzie pubblicitarie analizzi le scelte e scelga se censurare o permettere la pubblicità. La maggior parte delle pubblicità censurate vengono accusate di non cogliere l’influenza che la pubblicità ha sulla società e dunque di non prendersi la responsabilità di autocensurarsi e scegliere altri modi di fare pubblicità.
Nel caso dei panni in microfibra Clendy, la domanda essenziale alla quale rispondere per poter sapere come giudicare certe pubblicità e come agire una volta giudicate è: è giusto o sbagliato usare rappresentazioni di accadimenti spiacevoli o tragici per pubblicizzare una merce? Se è ingiusto, lo è in tutti casi?
Esistono altri casi di pubblicità in cui viene usato l’omicidio. Ad esempio l’Eastpak, in cui è una donna ad aver ucciso un uomo. L’Association des Professionnels pour une Publicité Responsable (BVP) ha ritirato la pubblicità per contenuto violento.
Si deve partire dal dato che sin dai tempi più antichi la morte e la violenza, hanno ispirato le rappresentazioni del mondo nell’arte, nella poesia, e nella letteratura e questo è un fatto accettato. Quindi, alla luce delle proteste per la pubblicità dei panni in microfibra si può implicare che secondo le persone ci sono differenze tra le arti e la pubblicità che eliminano la giustificazione dell’uso di certi temi drammatici delle vite delle persone di una società per una pubblicità.
Tuttavia in pubblicità l’umorismo è generalmente accettato. Allora si deve dedurre che c’è una differenza tra questo umorismo e altri umorismi.
La parola “umorismo” deriva dal latino ‘humorert-em’ o ‘umorert-rem’ (umidità, liquido), che si avvicina al greco ‘yg-ròs’ (bagnato, umido), e sembra quindi derivare il suo significato dalle teorie della medicina ippocratica, che attribuiva a dei fluidi (umori appunto) l’influenza sulla salute e l’indole degli esseri umani. Infatti, il fenomeno della risata si presenta come una modificazione del ritmo respiratorio, sospensione dell’aspirazione, scosse che si ripercuotono nella laringe, contrazioni concatenate di molti muscoli (in particolare facciali e addominali), scopertura dei denti, e talvolta lacrimazione.
Quindi, è una serie di espressioni linguistiche che una volta ascoltate producono degli stati emotivi piacevoli e spesso delle risate.
Come sia possibile questo effetto tentò di spiegarlo Aristotele, dicendo che il ridicolo sarebbe “ciò che è fuori tempo e fuori luogo”. In seguito, il filosofo Henri Bergson nel saggio “Il Riso”, del 1900, aggiunse che l’apprezzamento della situazione comica prevede «qualcosa come un’anestesia momentanea del cuore»: l’empatia, l’identificazione con la persona oggetto del riso è bandita.
In modo più specifico l’espressione umorismo nero (o humour nero) si riferisce a un sottogenere di satira e di comicità che tratta di eventi o argomenti generalmente considerati molto seri o addirittura tabù, come la guerra, la morte, la violenza, la religione, la malattia (e quindi la disabilità), la sessualità, la diversità culturale, l’omicidio e così via. Sebbene l’umorismo nero possa essere fine a se stesso, e avere l’unico scopo di causare l’ilarità attraverso la violazione di regole non scritte di buon gusto, è stato anche usato in letteratura e in altri campi con l’intento di spingere l’ascoltatore a ragionare in modo serio su temi difficili. Esistono tanti esempi di umorismo nero nella letteraturea e nelle opere televisive e cinematografiche.
Infatti, la paura di chi giudica negativamente l’umorismo su fatti drammatici in pubblicità è che produca nelle persone indulgenza a certi eventi, e quindi li accetti, non li contrasti, e porti le persone a imitarli e realizzarli.
Questa paura si basa sulla teoria del funzionamento mentale chiamata “teoria ipodermica” (Bullet Theory), chiamata anche teoria dell’ago ipodermico (dall’inglese Hypodermic Needle Theory) che è una teoria che considera i mass media come potenti strumenti persuasivi che agiscono direttamente su di una massa passiva e inerte.
La teoria ipodermica è il primo tentativo di comprendere il funzionamento della comunicazione interpersonale in maniera sistematica, sviluppata negli anni quaranta negli Stati Uniti nel periodo tra le due guerre mondiali (1920-1930) per mano di Harold Lasswell capostipite della communication research (corrente di studio della mass communication) sulla base delle ricerche della psicologia comportamentale, e in base a questo filone psicologico vede la comunicazione come un processo diretto di stimolo e risposta automatica del ricevente, in cui il messaggio viene ricevuto senza alcuna intermediazione e, importante da sottolineare, gli effetti sono dati per scontati, e quindi nemmeno analizzati.
Come si evince dalla traduzione letterale, il termine bullet sta a significare la parola “proiettile” ovvero il messaggio mediale che colpisce direttamente un soggetto, evidentemente senza possibilità di opporsi. I messaggi colpiscono personalmente gli individui, in modo diretto e immediato, modificandone opinioni e comportamenti.
In altri termini, il messaggio “sparato” dal medium viene “iniettato” direttamente nel cervello del ricevente, il quale ha un ruolo del tutto passivo.
La Bullet Theory ha ancora oggi un valore schematico che illustra un particolare aspetto dei media. Ad esempio il concetto di target (letteralmente: bersaglio), usato in pubblicità per indicare i destinatari di un annuncio, deriva da questa teoria.
Oggi sta ad indicare il fenomeno con cui gli Stati Uniti d’America e gli altri stati capitalisti usano gli attuali “potentissimi” mezzi di comunicazione (la televisione e internet, ad esempio) per inviare i loro messaggi di propaganda, tramite messaggi subliminali e pubblicità indiretta.
La teoria ipodermica sostiene una relazione diretta tra stimolo (esposizione al messaggio) e risposta (comportamento). Nella pratica intende dimostrare che se una persona è raggiunta da un messaggio di propaganda, quest’ultima può essere manipolata a proprio piacimento e indotta ad agire secondo il proprio volere.
La teoria ipodermica ha come suo fondamento e giustificazione la teoria della “società di massa”. Quest’ultima deriva dalla trasformazione della società preindustriale in società industrializzata e dalla conseguente crescita della divisione e specializzazione del lavoro. In particolare, la società di massa è composta, secondo tale pensiero, da individui: indifferenziati; isolati e atomizzati; anonimi e poco colti; senza organizzazione e leadership ; facilmente suggestionabili; contraddistinti da comportamenti collettivi uniformi. Di conseguenza tali individui sono il bersaglio ideale per i messaggi propagandistici, che mirano ad ottenere dalla massa un dato comportamento. Inoltre, a rafforzare ancora di più le conclusioni della teoria ipodermica, c’è, nel clima culturale del periodo, la “teoria dell’azione”, elaborata dall’approccio comportamentista della psicologia behaviorista, che studia il comportamento umano attraverso l’esperimento e l’osservazione. Secondo la teoria dell’azione la società di massa risponde in modo uniforme ed automatico allo stimolo ricevuto dai media e questo meccanismo è descrivibile da un semplice modello comportamentale di questo tipo:
stimolo del messaggio -> risposta dell’audience.
Ciò esalta ulteriormente l’idea di reazioni meccaniche e condizionate ai messaggi. Di opinione diversa erano i teorici della cosiddetta scuola di Chicago, che rifiutavano la rappresentazione di una massa indifferenziata ed attribuivano ai mass media appena nati grandi potenzialità per la democrazia (ad esempio per dare voce alle minoranze degli immigrati), sia pure sempre nell’ambito di un’audience ritenuta passiva. In seguito sono state prese in considerazione due variabili precedentemente trascurate: le caratteristiche psicologiche dell’individuo; i fattori sociali di relazione e di differenza (età, sesso, classe sociale, razza, etc…).
Si giunge pertanto alla conclusione che la risposta allo stimolo non è passiva, immediata e meccanicistica, ma è mediata da una certa resistenza dei destinatari del messaggio e si configura quindi in questo modo:
stimolo -> resistenza -> risposta.
Due sono le teorie che vengono elaborate all’interno di questo nuovo approccio: la teoria della persuasione e la teoria degli effetti limitati.
Quindi, poiché l’immagine è interpretabile in più modi non si può incolpare gli utenti per aver scelto una interpretazione della storia piuttosto che un’altra. Ma si può criticarli per non aver scelto l’interpretazione ironica, anche se in un contesto in cui si è bombardati da anni di fatti di cronaca dove di ironico non c’è proprio nulla, perché è palesemente infondata l’ipotesi che i pubblicitari avessero potuto avere interesse nel legittimare l’omicidio o il femminicidio, e stimolarlo, dato che in realtà l’interesse di un’azienda è sempre il guadagno e non la stimolazione di pensieri o inclinazioni che sono reato. Oltre a ciò li si può incolpare per la discriminazione fatta tra uomo e donna nel prendere posizione e invitare a eliminare la pubblicità.
Le persone che hanno protestato hanno commesso con certezza due errori:
1. La discriminazione tra uomo e donna nella scelta di protestare
2. La scelta interpretativa infondata di femminicidio invece che assassinio
DISCRIMINAZIONE TRA UOMO E DONNA NELLA SCELTA DI PROTESTARE