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La Zanardo a favore della Yamamay e l’idea di perseguire il profitto senza offendere e umiliare (le donne)

Lorella Zanardo (autrice di Il corpo delle donne, e Nuovi occhi per i media) scrive sul suo blog, a proposito della pubblicità della Yamamay.

La Zanardo sostiene diverse cose. Ne analizzerò solo alcune perché ho molta difficoltà a soffermarmi troppo tempo su affermazioni che in modo estremamente sintetico implicano una moltitudine di falsità che non vengono filtrate dalle persone che le ascoltano.

La Zanardo afferma che qualsiasi pubblicità in cui si parla di violenza sulle donne aiuta ad innalzare il livello di consapevolezza.
Ma bisogna capire cosa significhi il termine “consapevolezza” per capire se lei dice il vero. Con una immagine, non si capisce perché accade ciò che accade, si sa solo che accade, non è neanche cronaca.

Poi aggiunge che investire soldi per pubblicità in cui c’è il tema della violenza sulle donne è meglio che investire soldi per pubblicità in cui ci sono “tette e culi”.
Forse, se la Zanardo chiama “tette e culi”, quelli che sono “seni e glutei”, e ripete più volte queste parole, c’è un motivo, che chi ascolta, poiché non è dentro la testa della Zanardo, può solo ipotizzare, prendendo in considerazione ad esempio il suo libro “il corpo delle donne”. E quindi, un dispregiativo, riguardo all’uso dell’immagine del corpo femminile, in particolare delle zone più erotiche.
In questo modo la Zanardo identifica il problema più grande nella visione del corpo nudo femminile, per motivi che non spiega nel post, ma spiega in altre parti. Motivi che possono essere considerati inconsistenti da molte persone.
Infine dice che utilizzare il tema della violenza sulle donne per fare profitto “non fa danno”. Ma invece, il tema, se utilizzato per fare profitti può perdere la sua realisticità nella traduzione pubblicitaria, e quindi la sua importanza.

Inoltre, da questo pensiero si può dedurre che se in nessuna pubblicità ci fosse più nessuna immagine considerata da eliminare, allora la pubblicità sarebbe una cosa buona.

Ma in realtà, i danni della pubblicità, indipendentemente dalla presenza di immagini di donne, sono reali e verificabili.
Prima di tutto, servono a aumentare il desiderio di consumare.
Il maggiore consumo produce il fatto che risorse limitate, e crescita esponenziale, portano alla catastrofe, e le persone lavorano più di quanto hanno bisogno di lavorare. Inoltre, la pubblicità esiste perché esiste il sistema capitalista e la domanda e l’offerta. E vederla come una cosa buona porta a preoccuparsi di utilizzare le pubblicità per aiutare le imprese a guadagnare.

Ma il problema non è che le piccole e medie imprese vengano sopraffatte dagli interessi di quelle grandi, ma è il fatto che ci siano le imprese: piccole, medie e grandi. Perché la loro esistenza presuppone un modello di vita rudimentale, basato sull’ “omnes contra omnium”. o sulla “legge della giungla”. o sulla “legge del mercato”, se si preferisce.

Ma l’unico modo razionale e “umanistico” di procedere, sarebbe di produrre e consumare socialmente, e di suddividere equamente guadagni e perdite tra tutti. naturalmente, perché questo abbia senso, non può essere fatto solo all’interno delle nazioni, ma dovrebbe essere realizzato globalmente. la vera globalizzazione sarebbe quella: un sistema economico planetario di produzione e di consumo dell’utile (mentre le imprese, PiccoleMedieGrandi, in genere tendono a produrre il vendibile, che non coincide affatto con l’utile).

In tal modo, le crisi sarebbero soltanto mondiali, e ripartite spalmandole su tutti.

Certe persone sfruttano il sistema che hanno trovato, il quale permette di vendere anche tavolette del water con suoni e luci colorate, grazie a pubblicità, per soddisfare i propri desideri a danno degli altri, dell’ambiente, e dei valori di onestà.

Il concetto di onesto ha perso significato. Se la disonestè è legale e l’onestà è legata al concetto di legalità allora tutto cambia. Secondo la legge, è onesto anche che i presentatori di un Festival come San Remo abbiano guadagnato anche 600mila euro, o che un comico come Benigni ne abbia guadagnati 6milioni di euro in una sola serata, per un servizio che nella scala delle necessità è molto lontano dai primi posti, secondo la legge. Ma non secondo il significato reale di onesto. E queste persone approfittano di un sistema disonesto, perché sono protette nel fare cose disoneste.

A proposito delle nozioni di prezzo, e dunque anche di compenso, si può dire che esiste un prezzo/compenso determinato in base al lavoro effettuato e al suo valore, mentre esiste un prezzo/compenso determinato dalle leggi della domanda e dell’offerta (in particolare, dall’introito pubblicitario, ottenuto tramite simbologie, memorabilità della merce o del servizio attraverso la celebrazione della sua storia).

Per evitare che si crei confusione sul significato di “valore di un lavoro” si può specificare che esso sia l’attinenza più prossima a quei bisogni la cui non soddisfazione provoca una sofferenza molto forte e che possono provocare danni all’organismo fino alla morte, che per questa caratteristica possono essere distinti dagli altri categorizzandoli come “primari”. Più quest’attinenza si allontana dai bisogni primari meno valore ha un lavoro.

Per vivere in società in cui le persone non soffrano a causa di mancanza di retribuzioni e privilegi dovuti al possedimento di capitali enormi rispetto agli stipendi medi, è necessario limitare il commercio e l’industria in modo da farli diventare dei servizi sociali: al servizio dei cittadini, cioè, e non dei commercianti e degli industriali.

In particolare, considerare un reato prezzi di beni o servizi non determinati in base a criteri di costo (materiali ed energie naturali o psicofisiche utilizzate) e utilità (il valore che hanno nel soddisfare i bisogni degli esseri umani), ma solo in base al meccanismo di domanda e offerta.

E regolamentare anche in maniera indiretta, tramite tasse progressive, che tendano radicalmente e velocemente verso il 100 per 100, la produzione e la vendita di beni di ultima necessità: dalle ferrari in giù. E quindi, eliminare le pubblicità.

L’argomentazione “fosse anche che una sola delle 300mila che segue Yamamay su fb, cercando un tanga, si soffermasse a riflettere sul tema violenza, sarebbe un successo” è dello stesso tipo delle argomentazioni  come”i ricchi fanno bene ai poveri perché investono soldi per le aziende in cui i poveri possono lavorare”.
Bisognerebbe capire perché chi si preoccupa dei diritti delle donne non si accorge di tutti i diritti degli esseri umani violati attraverso l’uso della pubblicità. Non si può perseguire il profitto senza offendere e umiliare.

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